Diritto del lavoro

Mobbing sul posto di lavoro: come ottenere il risarcimento?

By Settembre 21, 2020 Ottobre 9th, 2020 No Comments
Risarcimento danni da mobbing

Con il termine “mobbing” (dall’inglese to mob) si identificano una serie di comportamenti vessatori, aggressivi e persecutori posti in essere dal datore di lavoro o dai colleghi nei confronti di un lavoratore, tali da ledere la sua dignità. Questo fenomeno è, purtroppo, sempre più diffuso nel nostro Paese, complici la crisi economica e l’alto tasso di disoccupazione, i quali fanno sì che i lavoratori siano più portati a subire soprusi, pur di non perdere il posto di lavoro

Quali comportamenti integrano il mobbing?

I comportamenti mobbizzanti possono essere di vario tipo. L’elemento fondamentale affinché una condotta possa considerarsi “mobbing”, è il requisito della continuità nel tempo . Non è sufficiente, infatti, un singolo episodio. Il comportamento lesivo deve essere ripetuto nel tempo. Tra le condotte che possono essere considerate “mobbing” rientrano:

– diffamazione o molestie psicologiche;

– demansionamento del lavoratore rispetto all’inquadramento originario;

– denigrazione della persona a livello fisico o psicologico;

– critiche immotivate e atteggiamenti ostili;

– discriminazione di sesso, lingua, razza o religione.

Mobbing “verticale”

Si ha mobbing “verticale” (o bossing) quando gli atti persecutori provengono direttamente dal datore di lavoro. Chi pone in essere il mobbing verticale abusa della sua posizione di superiorità gerarchica sulla vittima del mobbing. Spesso, lo scopo principale di questo tipo di mobbing è quello di isolare e denigrare il lavoratore, ostacolando la sua carriera e crescita professionale, per far sì che quest’ultimo, alla fine, si licenzi.

Mobbing “orizzontale”

Per mobbing “orizzontale” si intendono tutti quei comportamenti denigratori e vessatori posti in essere sul luogo di lavoro da parte di colleghi della vittima, vale a dire da parte di quei soggetti che hanno lo stesso livello gerarchico del mobbizzato. Questo tipo di mobbing può manifestarsi sotto varie forme, quali insulti e molestie di vario genere.

Lo “straining”

Negli ultimi anni, parlando di vessazioni sul posto di lavoro, è emerso il concetto di “straining”.

Lo straining si sostanzia in condotte che, pur non essendo poste in essere con un intento persecutorio, producono una modificazione negativa, costante e permanente nella vita professionale del lavoratore. Nello straining le azioni possono essere anche numericamente limitate e distanti tra loro nel tempo. La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sul tema affermando che “Lo straining può perfezionarsi anche in un’unica azione ostile purché essa provochi conseguenze durature e costanti a livello lavorativo, tali per cui la vittima percepisca di essere in una continua posizione di inferiorità rispetto ai suoi aggressori” (Cass. Civ., Sez. lavoro, sentenza n. 3291, 19 febbraio 2016) .

Quali sono i danni da mobbing che possono essere oggetto di risarcimento?

Le condotte mobbizzanti, sistematicamente poste in essere nei confronti di un soggetto, possono causare dei veri e propri danni alla vittima. Quest’ultima, infatti, sottoposta continuamente a vessazioni psicologiche e persecuzioni, è esposta a forte stress psico-fisico.

I danni derivanti da condotte di mobbing e potenzialmente risarcibili, sono:

danno biologico, ossia la lesione dell’integrità psico-fisica della persona;

danno patrimoniale (danno emergente), vale a dire tutte le spese (ad esempio per un supporto medico o psicologico) che la vittima ha sostenuto in conseguenza delle condotte di mobbing;

danno patrimoniale da lucro cessante, se il soggetto, come atto estremo del mobbing, è stato licenziato o si è licenziato. Questo danno si sostanzia negli stipendi non incassati in conseguenza dell’interruzione forzata del rapporto di lavoro;

danno non patrimoniale, ossia il pregiudizio alla vita sociale e di relazione della vittima di mobbing.

Come ottenere il risarcimento danni da mobbing

Il mobbing può provocare, nel lavoratore vittima dello stesso, varie e serie patologie, quali ansia, depressione, dipendenza da sostanze e, nei casi più gravi, anche malattie cardio-vascolari conseguenti allo stress. Al fine di chiedere (e ottenere) il risarcimento dei danni subiti è necessario, innanzitutto, rivolgersi ad un legale esperto in diritto del lavoro, il quale predisporrà una lettera di diffida al datore di lavoro, chiedendo il risarcimento del danno da mobbing. In caso di mancato riscontro o esito negativo delle trattative stragiudiziali, ci si potrà rivolgere al Tribunale competente. A supporto della propria domanda, sarà utile produrre documentazione medica e medico-legale, che attesti la patologia riscontrata e il suo nesso causale con le condotte mobbizzanti. Di vitale importanza, al fine di ottenere il risarcimento, può risultare anche la presenza di testimoni, i quali possano confermare i fatti riportati dalla vittima di mobbing.

Mobbing: malattia professionale indennizzabile dall’Inail

La Corte di Cassazione, con una recentissima ordinanza (8948/2020) ha chiarito che “… sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione…”. Secondo la Suprema Corte, quindi, il lavoratore che abbia subito un danno psico-fisico da mobbing, provato da certificazione medica, ha diritto ad essere indennizzato dall’INAIL, così come per ogni altra malattia professionale. Qualsiasi attività lavorativa deve ritenersi assicurata dall’INAIL, se il lavoratore dimostra che è causa diretta della malattia. 

Gli obblighi del datore di lavoro nella prevenzione del mobbing

Ai sensi dell’art 2087 del codice civile, il datore di lavoro ha l’obbligo di preservare l’integrità psico-fisica dei propri dipendenti e collaboratori. Lo stesso deve, dunque, non solo astenersi dal porre in essere condotte lesive della dignità, della salute e del benessere psico-fisico del dipendente, bensì anche impedire o, quantomeno, scoraggiare simili condotte da parte di colleghi. Ne consegue che il datore di lavoro dovrà intervenire nel momento in cui si accorga che, nella realtà lavorativa da lui amministrata, si siano verificati episodi di mobbing.

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