
È ormai sempre più vicino l’avvio della famosa e tanto discussa applicazione, creata da Bending Spoons per iOS e Android, “Immuni”. Questa nuova app, di cui si è discusso, da ultimo, in Parlamento la sera del 29 aprile 2020, dovrebbe servire a contrastare e tenere sotto controllo la diffusione del virus Covid-19, ormai da più di due mesi in circolazione nel nostro Paese. Questa innovazione, però, non è ancora esente da critiche e perplessità circa il suo funzionamento e, in particolar modo, sulla sua compatibilità con l’inviolabile diritto alla privacy dei cittadini.
DI COSA PARLIAMO
Il significato di contract tracing
Con il termine “contact tracing” si identifica il primo, grande obiettivo che si prefigge la ormai imminente app “Immuni”, che sarà, presumibilmente, disponibile nel corso del mese di maggio (e non all’inizio della fase 2, come era stato inizialmente ipotizzato)
Mediante il contact tracing, l’applicazione, una volta scaricata sul nostro smartphone o tablet, sarà in grado di avvertirci, tramite una semplice notifica, nel caso in cui dovessimo venire a contatto, ad una distanza inferiore ai due metri, con un soggetto positivo al Covid-19. Il tracciamento dei soggetti con cui veniamo a contatto avviene tramite connessione bluetooth, grazie alla quale due dispositivi elettronici (entrambi con l’app installata) possono entrare facilmente in contatto.
L’App Immuni e il diario clinico
Il secondo intento di “Immuni” è la possibilità per il soggetto di creare, grazie ad una funzionalità compresa nella app, un vero e proprio diario clinico. Grazie a questa ulteriore particolarità, è possibile inserire giornalmente i dati relativi al proprio stato di salute. Ciò avviene grazie ad un questionario medico, che pone domande circa la comparsa dei sintomi tipici del Covid-19, come febbre, difficoltà respiratoria, perdita di gusto e olfatto e così via. In tal modo, risulta anche molto più agevole per le strutture sanitarie individuare soggetti che possono essere affetti da Coronavirus.
L’app Immuni è obbligatoria?
Il Governo ha tenuto sin da subito a precisare che l’installazione di “Immuni” sul proprio smartphone è totalmente gratuita e su base volontaria. Lo stesso, però, ha precisato che, perché tale applicazione funzioni al massimo, è necessario che venga scaricata da almeno il 60% della popolazione. In tal modo, si potrà avere un quadro quasi completo degli eventuali contatti a rischio che avvengono tra soggetti, e riuscire più facilmente a contenere il contagio. A tal fine, è già in opera la realizzazione di campagne pubblicitarie volte alla sensibilizzazione dei cittadini all’installazione di “Immuni” sul proprio cellulare.
Il diritto alla privacy viene tutelato?
È stato specificato dall’Esecutivo che i dati personali, che verranno inseriti nell’applicazione, saranno totalmente anonimi o “pseudonimizzati” e identificati tramite un codice numerico criptato. Come già detto, poi, il funzionamento dell’app non si realizza tramite geolocalizzazione (come, invece, avverrà, sembra, in Norvegia e in altri Paesi del Nord Europa), bensì attraverso connessione bluetooth. In tal modo, non sarà possibile risalire agli spostamenti fisici che ha compiuto il soggetto, ma solamente verificare se si sono realizzati contatti a rischio. Le informazioni inserite nel sistema, poi, verranno completamente eliminate entro il 31 dicembre 2020.
E chi non ha uno smartphone?
Una spinosa questione che è giunta all’attenzione del nostro Esecutivo, è quella di tutti i soggetti che non possiedono o che non sono soliti usare uno smartphone. La maggior parte delle persone, ormai, dispone di cellulari e tablet di ultima generazione. Tuttavia, una fetta non esigua di popolazione (ad esempio gli anziani) ancora non possiede cellulari o altri dispositivi elettronici. In questo caso, come sarà possibile tracciare i loro contatti? Ora come ora non sono giunte risposte unanimi, ma una possibile soluzione potrebbe essere quella di dotare i soggetti sprovvisti di smartphone di braccialetti elettronici con le stesse funzionalità della applicazione.
Dubbi ancora aperti su Immuni
Purtroppo i dubbi che questa nuova applicazione porta con sé sono ancora molti. In primo luogo, la diffidenza degli italiani a condividere i propri dati su una piattaforma digitale ancora sconosciuta, dal momento che non è ancora stato chiarito quale sarà la società o l’ente che “immagazzinerà” tutti i dati condivisi dai cittadini.
In secondo luogo, rimangono perplessità anche da parte di medici e operatori sanitari sull’effettiva utilità di tale applicazione senza la contemporanea predisposizione di più tamponi da effettuare. Primo fra tutti, l’ormai noto infettivologo Massimo Galli, secondo il quale l’arma più efficace per contenere il contagio non può essere una “semplice applicazione”, ma “fare test rapidi pungidito a oltranza per identificare chi ha già avuto contatti con il virus”.